Ogni tanto mi torna in mente a caso quella scena, credo da un Avengers, in cui Visione sta cucinando il paprikash per Wanda, per farla sentire a casa. L’ho sempre trovata romantica e da buon nerd culinario da lì in poi ho sempre voluto provare a fare il paprikash, sempre rimandando.
Insomma, alla fine l’ho preparato, pur con le varie modifiche e adattamenti del caso.
Riassunto breve di che cos’è il paprikash: un cugino del goulash, anch’esso ungherese, tradizionalmente a base di pollo, a cui viene aggiunta della panna a fine cottura e che viene addensato con della farina.
Va da sé che io l’ho fatto vegano.
Ho messo in un padellone (un wok maledetto che mi ritrovo e che ha una texture martellata che pareva bellissima quando l’ho comprato, ma a cui si attacca tutto) carota e cipolla a pezzi grossolani, insieme a del porro, così, per compagnia. Olio abbondante, in questo caso ho usato l’arachide perché ha un gusto più neutro. Per il momento ho tenuto da parte i peperoni a cubetti e i bocconi di soia texturizzata reidratata in acqua calda.
Dopo qualche minuto di rosolatura, giù abbondante di paprika dolce e anche un po’ di quella affumicata. Ci ho messo anche un pizzico di gochugaru. Le ricette che trovate in giro indicano di usare della buona paprika ungherese di qualità, ma mi sono svegliato una sera a caso a fare questa ricetta e quindi ho usato ingredienti da battaglia, vi assicuro che il paprikash verrà buono comunque.
Un suggerimento che vi consiglio di seguire è quello di fare l’aggiunta della paprika fuori dal fuoco, specialmente se cucinate sull’induzione che tiene un calore elevato a lungo anche dopo avere spento il pannello, così da evitare di bruciare le spezie.
A questo punto ho aggiunto anche del concentrato di pomodoro, sono tornato sul fuoco e ho messo della salsa di pomodoro, i peperoni, tre patate piccole a tocchetti e la soia testurizzata. Ci andrebbe ora anche del brodo, ma io ho optato per incorporare l’acqua calda con cui avevo reidratato la soia e del brodo in polvere.
Dopo aver salato e pepato ho coperto e ho lasciato sobbollire per circa 30 minuti, per poi aggiungere la panna (di avena) e dell’amido di mais disciolto in poca acqua. Con una fiamma media si addensa rapidamente e, beh, il piatto è finito.
La variante vegana oltre ad alleggerirvi le arterie e la coscienza vi leva d’intralcio la rottura di cuocere il pollo in padella prima, toglierlo poi, rimetterlo in cottura umida, rimuoverlo per metterci la panna e farcelo ritornare alla fine.
In generale si tratta di una ricetta piuttosto semplice e sostanzialmente one pot, come piace a me. Le patate danno un bel corpo aggiuntivo e la soia testurizzata viene molto buona assorbendo il gusto della salsa.
Il paprikash andrebbe servito con degli spatzle, ma io avevo del riso già cotto e anche così era eccellente, quindi mi ritengo piuttosto contento.